“Nelle Termopili: marciamo. Nello stretto corridoio: marciamo. Dove i numeri di Serse non contano niente. Spartani: cittadini soldati, schiavi liberati, tutti i greci coraggiosi. Fratelli, padri, figli: marciamo. Per l’onore, per il dovere, per la gloria: marciamo. Nella bocca dell’inferno: marciamo.”
Data stellare 14/11/2015
Nuovo capitolo dell’avvincente viaggio in giro per la provincia ferrarese, tappa di oggi: Galliera, della legione dei Pulcini Misti, protagonisti di una partita ricca di spunti, con tratti degni di una leggenda come quella dei 300 spartani alle Termopili.
Lo scenario è abbastanza fedele: il campo di gioco è immenso, più grande rispetto sia a quello in cui ci alleniamo che a quello in cui giochiamo di solito, porte invece abbastanza piccole, avversari imponenti che ci sovrastano su tutto, noi inferiori di numero (sia perché eravamo in 8 contati e sia perché, per un errore di calcolo, loro si sono ritrovati in 8 in campo, ad un certo punto della partita). Vi ricorda qualcosa?
La leggenda inizia così. Da subito noi molto in confusione, non riusciamo a sfruttare la nostra superiorità tecnica allargando il gioco ma ci intestardiamo a volercela giocare sullo stesso piano, prendendo e dando botte senza riguardi per la sanità nostra e altrui.
Trascinati al loro livello, non riusciamo sempre a respingere i loro assalti prolungati, solo quando ci ricordiamo chi siamo riusciamo a creare pericoli, con bellissime combinazioni di prima tra la zona laterale e la zona centrale del campo. Purtroppo non riusciamo mai a cambiare lato con il giro palla e questo, insieme a qualche disimpegno sbagliato e banali errori difensivi, ci costano il referto (4-4 il finale, 2-0/0-3/2-1 i parziali).
La prova era ardua, ma nessuno dei nostri si è arreso fino al fischio finale, uscendo dal campo consapevoli di aver difeso il nostro passo delle Termopili dall’assalto dei persiani e che, con un pizzico di coraggio in più, si sarebbe portato il bottino pieno.
Alla prossima partita, con la mente sgombra e lo stesso spirito guerriero di oggi.
Un’abbraccio, Marco.
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